L’itinerario senza meta nel “Sud” di Sergio Rubini in scena al Vittorio Emanuele

Al Vittorio Emanuele di Messina “Sud”, il nuovo recital di Sergio Rubini, con le musiche originali di Michele Fazio eseguite dal vivo con Emanuele Smimmo alla batteria e Marco Loddo al contrabbasso.
L’attore e regista barese compie un affascinante percorso narrativo nel meridione d’Italia, servendosi della letteratura e d’una prodigiosa arte affabulatoria per consegnare ai numerosi spettatori uno spaccato di vita reale e le storie che vi contiene.
Da un passo dei Persiani di Eschilo, emblematica tragedia sul dramma dei vinti, al racconto di Matteo Salvatore, Rubini confeziona un “Sud” dalle mille contraddizioni, intriso di uomini schiacciati dal fatalismo e dalla rassegnazione come di veri giganti che compiono il proprio viaggio introspettivo e si dimenano per sopravvivere a una realtà non sempre generosa.
C’era la fame al “Sud”, c’era l’inopia del dopoguerra, c’era l’ignoranza. E c’era la forza per andare avanti, quella che talora si traduceva in un inevitabile tirare a campare.
Rubini, con l’ausilio d’una ragguardevole antologia di poesia e prosa, traccia insomma un itinerario senza precisa destinazione e in esso vi affiora l’anima dei popoli che si sono avvicendati nell’antica Magna Grecia.
Le storie del padre capostazione, appassionato di teatro e poesia, come le rime in vernacolo di Giacomo D’Angelo, superano i confini di Grumo Appula, il paesino che dà i natali allo stesso Rubini, e riproducono i ritmi di quelle terre che costituiscono un meridione intero. La realtà è talvolta trasfigurata dall’ironia e da una satira grottesca, ma ugualmente rivive sulla scena attraverso la gente affamata e disgraziata che prova a conservare la propria dignità e che non di rado si lascia sopraffare dall’indignazione, dal più plausibile desiderio di rivalsa, da quello di reinventare il proprio futuro.
Piomberanno tra capo e collo  industrializzazione, globalizzazione, omologazione, e rischieranno di cancellare la memoria, di trasfigurare uomini e cose, ma resterà il senso d’appartenenza a un mondo che nelle proprie radici tutte le volte trova il senso dell’umano.
Il “Sud” di Sergio Rubini è dunque l’orizzonte al contempo fantastico e reale entro cui riesumare un’ingenua visione del mondo; è una irraggiungibile meta; è il tesoro da trovare nel marasma dei falsi miti contemporanei; è quella mescolanza per nulla equilibrata di storie che tessono la tela della nostra esistenza.

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