Bancarotta fraudolenta Caleca, responsabili aziendali rinviati a giudizio

Il Gup del Tribunale di Patti, su richiesta del Procuratore Capo della Repubblica Rosa Raffa, in relazione ad un procedimento penale relativo a reati di “bancarotta fraudolenta per distrazione” e “bancarotta societaria”, ha rinviato a giudizio per il prossimo 8 luglio, l’imprenditore pattese operante nel settore delle ceramiche, Gaetano Caleca, la sua consorte, Rossana Alessandra Giacalone, insieme a Rolando Bencini e Maria Giuseppa Scarpulla, in relazione al fallimento della nota azienda produttrice di ceramiche “Caleca Italia s.r.l.” (attualmente “Ceramiche del Tirreno s.r.l.”).

In passato, le Fiamme Gialle della Tenenza di Patti, al termine di articolate indagini, coordinate e dirette dal Procuratore Capo della Repubblica, Rosa Raffa, su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari, Eugenio Aliquò, avevano notificato due “ordinanze di misure cautelari personali interdittive” per i reati di bancarotta fraudolenta per distrazione e per bancarotta “societaria”, nei confronti dell’imprenditore Gaetano Caleca e della consorte Rossana Alessandra Giacalone.

La complessa attività condotta dai militari dipendenti dal Comando Provinciale di Messina avrebbe dimostrato che i due indagati, in concorso tra loro (la Giacalone in qualità di amministratore unico e il Caleca quale amministratore di fatto della “Ceramiche del Tirreno”), avrebbero distratto risorse dal patrimonio societario, cedendo a prezzo non congruo il ramo d’azienda nonché, attraverso la falsificazione dei bilanci societari, avrebbero occultato il reale stato patrimoniale e finanziario della società da loro gestita. In tal modo si sarebbe verificato il dissesto dell’azienda, ritardando la dichiarazione di fallimento.

La falsa rappresentazione della situazione contabile della società avrebbe, pertanto, consentito nel corso degli anni di nascondere le effettive perdite di esercizio, con evidente danno per i creditori ai quali veniva mostrata una situazione economico/finanziaria molto più florida di quella reale. In conseguenza di tali azioni, alla data del fallimento, la società versava ormai in una gravissima situazione di dissesto, che ha comportato perdite reali per oltre 6 milioni di euro.

Il provvedimento cautelare adottato nei confronti dei due coniugi era stata la misura interdittiva, per il periodo di un anno, del divieto di esercitare, in qualsiasi forma, anche indiretta, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese ovvero la carica di amministratore, liquidatore, sindaco. Erano stati, inoltre, raggiunti da un’“informazione di garanzia” anche Rolando Bencini e Maria Giuseppa Scarpulla che, a vario titolo, avrebbero concorso con i coniugi Caleca nel cagionare il dissesto e/o nel distrarre beni dalla società dichiarata fallita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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