Sequestrati terreni, fabbricati, ristoranti e conti correnti al boss di Cesarò Giuseppe Pruiti

Sequestrati beni al 47enne Giuseppe Pruiti, ritenuto capo del clan mafioso operante a Cesarò e gerarchicamente inquadrato alle dirette dipendenze del pregiudicato Salvatore Catania, quale referente territoriale per la zona di Bronte e territori limitrofi della famiglia catanese “Santapaola-Ercolano”.

Gli approfondimenti investigativi avviati dalla D.I.A. di Catania in seguito al noto attentato subìto dal Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, hanno avuto ad oggetto anche le cospicue erogazioni di contributi AGEA nei confronti di soggetti collegabili direttamente o indirettamente ad associazioni mafiose operanti nel territorio nebroideo, con la svolgimento di mirate indagini patrimoniali. Tra i numerosissimi soggetti monitorati e analizzati dagli investigatori della D.I.A. è emersa la figura di Angioletta Triscari Giacucco, convivente dell’ergastolano Giuseppe Pruiti.

Quest’ultimo, arrestato nell’ambito dell’operazione “Nitor” nel 2004, è stato condannato con sentenza passata in giudicato per i reati di associazione mafiosa ed omicidio, poiché ritenuto responsabile, unitamente a Gianfranco e Marco Conti Taguali, dell’omicidio dell’allevatore di Maniace Bruno Sanfilippo Pulici.

Gli inquirenti ritengono che, dopo l’arresto di Giuseppe Pruiti, il capo clan di Cesarò sia diventato il fratello Giovanni Pruiti. Una organizzazione criminale ritenuta espressione della potente e pericolosissima famiglia mafiosa catanese dei Santapaola-Ercolano. Le evidenze investigative emerse dalle svariate indagini condotte nel tempo sul conto dei clan mafiosi operanti nel territorio dei Nebrodi, suffragate dalle condanne pronunciate in via definitiva dall’Autorità Giudiziaria, confermerebbero l’elevato spessore criminale della famiglia Pruiti, i cui affari ruotano intorno all’accaparramento dei terreni agricoli in affitto, degli allevamenti e al controllo del settore della commercializzazione della carne.

Le indagini condotte dalla D.I.A. si sono sviluppate principalmente sulla ricostruzione reddituale e patrimoniale di Giuseppe Pruiti e del proprio nucleo familiare. E’ stata evidenziata la sproporzione tra i redditi dichiarati ed il patrimonio acquisito nel corso dell’ultimo decennio. Nonostante la cospicua percezione di contributi erogati dall’Unione Europea che, tra l’altro, non potevano essere assegnati a soggetti destinatari di misure di prevenzione e dei loro familiari, il patrimonio rilevato dalle investigazioni è risultato frutto di investimenti di gran lunga superiori ai flussi finanziari regolarmente dichiarati.

In una recente indagine della Dda di Catania che ha condotto all’esecuzione dei fermi di polizia giudiziaria nei confronti, tra gli altri, di Giovanni Pruiti, fratello di Giuseppe, e di Salvatore Catania (cd. operazione Nebrodi), sarebbe emerso come, in presenza di maggiori controlli e requisiti per ottenere l’affidamento di terreni demaniali (in seguito alla stipula del protocollo di legalità da parte del Presidente dell’Ente Parco, subordinato al rilascio della certificazione antimafia), i clan mafiosi si siano adoperati, con intimidazioni tipiche del metodo mafioso, per avere il controllo di terreni privati tramite i quali ottenere i relativi benefici economici.

Il Tribunale di Messina, quindi, condividendo le conclusioni investigative ed accogliendo la proposta avanzata dal Direttore della D.I.A., ha disposto il sequestro dei beni di cui Pruiti risulta disporre direttamente o indirettamente, consistenti in imprese operanti prettamente nel settore agricolo e nella ristorazione, numerosi terreni agricoli, fabbricati ubicati a Cesarò (ME) e Catania, diversi veicoli, centinaia di titoli ordinari AGEA e rapporti finanziari in corso di quantificazione.

 

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