Il Trittico fiammingo Malvagna in esposizione al Museo di Messina

Da sabato 2 febbraio sarà esposto al #MuMe il Trittico Malvagna, trittico fiammingo cinquecentesco già nella collezione messinese dei Lanza e appartenente alle raccolte della Galleria Regionale di Palazzo Abatellis di Palermo.
Dal 2 febbraio, compresa quindi domenica 3, giornata con ingresso gratuito, sarà esposto, nell’area dedicata alle “Importazioni fiamminghe” del primo Cinquecento, il superbo Trittico Malvagna proveniente dalla Galleria di Palazzo Abatellis.
L’“ospite”, fra le opere più rinomate e paradigmatiche del pittore Jean Gossaert, detto Mabuse (1478-1532), plausibilmente giunto ben prima a Messina attraverso il suo trafficatissimo porto, entrò agli inizi del diciassettesimo secolo nelle collezioni di Pietro Lanza di Trabia, barone del Mojo, nobile di origine palermitana, ma esponente di spicco dell’aristocrazia messinese ricoprendo la carica di segretario regio e principe dell’Accademia della Stella.
Il raffinato Trittico rimase nell’ambito dell’asse ereditario della famiglia fino al 1680 quando, pervenuto illecitamente a Roma e conteso da Cristina di Svezia e dal duca Cosimo, III confluì nelle collezioni medicee fiorentine. Rientrato a Palermo agli inizi del XVIII secolo, nel 1868 il principe Alessandro Migliaccio e Galletti, principe di Malvagna, ne fece dono al Museo Nazionale della città.
L’opera raffigura nello scomparto centrale la Vergine col Bambino in trono, le Sante Dorotea e Caterina d’Alessandria negli sportelli laterali fra Angeli e scorci paesaggistici inclusi in una sontuosa cornice dipinta. Sul retro è presente lo stemma dei Lanza con il leone rampante, postumo, che si riscontra inciso sulla base del Monumento in rame a Francesca Lanza Cybo (1618) nella sala del Montorsoli del nostro Museo, e una raffigurazione di Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, ispirata all’incisione di Dürer del 1511 termine post quem dell’ipotetica datazione dell’opera.
Jean Gossaert si afferma nell’orbita mecenatesca di Margherita d’Austria, sposando i valori plastici e prospettici del Rinascimento italiano ai bagliori cromatici e al gusto del dettaglio inciso propri del suo retroterra culturale.

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