Fabrizio Bosso fa rivivere al Palacultura di Messina il mito di Miles Davis

Se è vero che il jazz lava via la polvere della vita di ogni giorno, ieri il Palacultura Antonello, in occasione del secondo appuntamento della stagione concertistica 2016/2017 dell’Accademia Filarmonica e dell’Associazione Bellini, era magicamente terso e sgombro di pulviscolo. Ché, nel celebrare i novant’anni dalla nascita di Miles Davis e i venticinque dalla sua scomparsa, The Jazz Convention feauturing Fabrizio Bosso hanno spazzato via tutto ciò che jazz non fosse, al contempo esibendo uno stile di vita, sintetizzando in note imprescindibili valori, spalancando di fatto una finestra sul mondo.

Tra le esecuzioni che hanno caratterizzato la carriera del celebre trombettista americano, “My funny Valentine”, uno degli standard mondiali del jazz. Poi ancora “Eighty one”, “Milestones”, “Bye Bye Blackbird”.

E al Palacultura era come se il mondo fuori avesse smesso di brulicare vita, come se tutto il reale fosse prodigiosamente sospeso, come se solo alle note lì dentro spettasse l’arduo compito di materializzare il sogno. Bastava fissare lo sguardo su ciascun artista per comprendere il miracolo della musica. O catturare occhiate, cenni d’intesa, divertimento composto che solo la goliardia del jazz, frutto più di improvvisazione che di schemi, ha il dono di generare.

Mani esperte sullo strumento regalavano intanto un assolo dopo l’altro: Gaetano Partipilo al sax contralto, occhi chiusi a percepire le note e l’aria trasognata di chi mescola musica e misticismo; Claudio Filippini al pianoforte; Francesco Angiuli al contrabbasso; Fabio Accardi alla batteria. Poi lui, Fabrizio Bosso, barba insolita e usuale gran classe nel calcare la scena. Evidente l’affiatamento e il legame, artistico e umano, tra i componenti.

Un momento di grande musica sulle rive dello Stretto entro cui il jazz, patrimonio dell’umanità secondo l’Unesco, ha col proprio linguaggio raccontato storie, trasmesso visioni. Al di là del tempo e delle cifre stilistiche che lo alterano, lo rigenerano o, più semplicemente, lo perpetuano.

Dopo Miles Davis, brani tratti dall’album “Sound Briefing”, monumento all’Hard bop e riguardoso inno alla tradizione jazzistica italiana che senza posa sostiene, rinnova e illumina di vibrazioni attuali la colonna sonora di un genere più che mai in salute.

 

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