Cristicchi al Vittorio Emanuele rilegge la Buona Novella di De Andrè

In un teatro pieno in ogni ordine di posto, il “cantattore” Simone Cristicchi ha portato in scena la sua personale interpretazione contemporanea – tra “suite sacra” e “opera sinfonica” – del capolavoro “La Buona Novella” dell’immenso Faber. Proposta in versione per orchestra sinfonica e coro giovanile scritta da direttore Valter Sivilotti.

Al lavoro discografico originale di Fabrizio De André è stata aggiunta la canzone “Gesù”, cantata dallo stesso De André prima ancora di incidere “La Buona Novella”, che Sivilotti ha rielaborato per ridonargli una nuova contemporaneità.

La prima parte dello spettacolo vede protagonista l’Orchestra del Vittorio Emanuele come incipit all’ingresso di Cristicchi in un lungo cappotto nero con l’inconfondibile capigliatura ribelle tinta di grigio, e dei ragazzi con le cravatte e le sciarpe colorate del Coro scolastico “Maurolico – Verona Trento” e del Coro giovanile “I Mirabili”.

Lo spettacolo inizia con un inedito monologo recitato da Simone Cristicchi, dal titolo “A volte ritorno” (scritto dallo stesso Cristicchi e da Matteo Pelliti), che snoda una narrazione i cui punti di riferimento sono rintracciabili in alcuni testi scritti da don Andrea Gallo e don Pierluigi Di Piazza.

Cristicchi immagina il ritorno sulla terra di Gesù, al quale fa rivivere la stessa Via Crucis degli “ultimi” di oggi. Considerato “clandestino”, Cristo sarà inviato in un centro di identificazione ed espulsione, per poi finire in carcere e, infine, tra i clochard in una stazione, alla ricerca della “sua” Chiesa, per trovarsi infine nella “chiesa” multimediale di Apple Un racconto, a volte spiazzante, per puntare il dito contro la società contemporanea sempre più distante dal comandamento “Ama il prossimo tuo come te stesso”.

Dopo l’intro “Laudate dominum”, Cristicchi adatta sulla sua pelle e sulla sua timbrica le canzoni di De Andrè percorrendo la storia di Giuseppe e Maria secondo i vangeli apocrifi.

Tra un monologo ed un’introduzione, in ordine di scaletta da “L’infanzia di Maria” a “Via della croce” e “Tre madri” concludendo col brano più famoso dell’opera: “Il testamento di Tito”.

Alla fine dopo i sentiti applausi della platea, Cristicchi ha voluto ricordare l’anniversario del terremoto del Friuli del 1976 e per sdrammatizzare, ha elogiato la bellezza dell’Orchestra del Vittorio Emanuele e del disco capolavoro per poi scusarsi con la Fondazione De Andrè per aver rovinato tutto questo.

Divertente il momento dei bis, in cui definendosi ironicamente “ il cantautore con la marcia funebre in più”, Cristicchi si è scusato col pubblico per la difficoltà a cantare alcuni brani del suo repertorio dopo “La Buona Novella”. “La prima volta che sono morto”, la canzone “Magazzino 18” tratta dal bellissimo spettacolo teatrale omonimo sulle foibe e l’esodo dell’Istria e la “classica” ed intensa “Ti regalerò una rosa”.

Tra gli applausi, chiusura con l’Orchestra ed il Coro a riproporre il brano iniziale accompagnano l’uscita del protagonista.

E’ sempre difficile avvicinarsi all’immensità di Faber, ma gli autori e Cristicchi cimentandosi con un’opera monumentale e difficile, hanno superato al meglio l’impresa. Merito di un arrangiamento musicale eccezionale e di una reinterpretazione nello stile che contraddistingue da sempre il cantautore romano, senza mai osare mantenendosi nei confini della poetica del disco e di De Andrè.

In replica sino a domenica 8 maggio.

 

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