Clan di S. Lucia e Camaro operavano in sinergia e procuravano migliaia di voti alle elezioni

Le indagini che hanno portato ai 35 arrestati odierni in merito all’operazione denominata “Matassa”, si sono svolte in un arco temporale che va dal luglio 2011 al giugno 2013, hanno disegnato uno spaccato estremamente aggiornato del contesto criminale della città evidenziando l’attualità della consorteria mafiosa collocata territorialmente nel quartiere messinese di Santa Lucia Sopra Contesse, con a capo il boss detenuto Giacomo Spartà, il quale continuerebbe ad avvalersi della collaborazione dei suoi uomini di fiducia Gaetano Nostro e Raimondo Messina e dei principali affiliati Francesco Foti, Angelo Pernicone, Giuseppe Pernicone, Luca Siracusano, Giuseppe Scimone Cambria e Giovanni Celona.

Tale associazione avrebbe sottoposto a pesanti forme di estorsione imprenditori e avrebbe costituito proprie società, al fine di inserirsi in remunerativi settori commerciali come quello edilizio e dei servizi di sicurezza dei pubblici spettacoli, così da ottenere apprezzabili introiti che consentono il mantenimento dell’organizzazione e degli affiliati e l’investimento in illecite attività, quali il traffico degli stupefacenti.

 

COLLABORAZIONE TRAI CLAN – Le indagini avrebbero permesso di scoprire l’esistenza di stretti rapporti di collaborazione, gestione di affari illeciti, estorsioni e persino la pianificazione di gravi delitti contro la persona, tra l’associazione di Santa Lucia Sopra Contesse, quella facente capo a Carmelo Ventura (Camaro), elemento di spicco della criminalità organizzata messinese, ed una terza organizzazione criminale, capeggiata dal detenuto Santi Ferrante che, come l’organizzazione di Ventura ha origine nel quartiere di Camaro, evidenziando così l’esistenza di una sinergia pianificata fra le organizzazioni criminali al fine di evitare “guerre” tra clan rivali che avrebbero come inevitabile conseguenza quello di innalzare il livello di attenzione delle forze di polizia.

 

DUE ANNI DI INDAGINI – Gli arresti di oggi scaturiscono da indagini che hanno avuto inizio nel luglio del 2011 con l’arresto di Luca Siracusano, “U Biddicchiu”, sorpreso, in flagranza di reato di detenzione ai fini di spaccio, con 551,4 grammi di cocaina detenuti per conto di Gaetano Nostro, “Denti i Zappa” e Giuseppe Cambria Scimone, alias “Peppone”, entrambi personaggi di spessore criminale operanti nel rione Santa Lucia Sopra Contesse e legati al boss Giacomo Spartà, attualmente detenuto.

Una volta tornati in libertà, importanti esponenti delle famiglie mafiose della zona sud e centro della città (Gaetano Nostro, Raimondo Messina, Carmelo Ventura, tornato in libertà nel novembre 2011), come già evidenziato anche nell’ambito di altra recente indagine (confluita nella c.d. Operazione Richiesta), la consorteria mafiosa di Santa Lucia Sopra Contesse ha rigenerato la propria organizzazione criminale, rafforzando la dedizione alle attività estorsive ed al traffico di stupefacenti, confermando i forti legami di cointeressenza ed i rapporti sinergici tra le cosche messinesi.

 

IL BOSS DI SANTA LUCIA COMANDA ANCHE DAL CARCERE – Santi Ferrante, nonostante attualmente detenuto in regime carcerario 41 bis, per gli investigatori sarebbe ancora in grado di esercitare pressioni dalla struttura penitenziaria sugli operatori commerciali tramite il nipote Salvatore Pulio, il quale intratterrebbe consolidati rapporti economico/criminali anche con Gaetano Nostro e Raimondo Messina.

 

IL POTERE DEL BOSS VENTURA – I dati più significativi in tal senso emergono dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia i quali, per un verso individuano Ferrante e Ventura quali capi della consorteria mafiosa operante a Camaro e per altro verso li indicano quali referenti di due gruppi autonomi legati da una stretta alleanza funzionale ad una pacifica e razionale divisione dei proventi illeciti, con un ruolo comunque di Ventura, come detto prima, di dominanza. Ventura, infatti, viene indicato non solo come capo di un “suo” gruppo autonomo, sebbene siffatta esistenza, ad oggi, non risulti acclarata processualmente, ma come uno dei più carismatici ed autorevoli capi mafia della città.

In tal senso si sono espressi collaboratori di giustizia che riconoscono a Carmelo Ventura una tale caratura criminale da poter stringere alleanze ed accordi per la ripartizione degli affari illeciti e dei conseguenti profitti, ma anche di assumere un ruolo decisionale per conto di altri capi clan allorquando costoro, si trovavano impossibilitati.

 

SOCIETA’ CHE GARANTIVANO ASSUNZIONI AI CLAN – E’ emersa, inoltre, dall’attività di indagine un meccanismo di mutuo soccorso e collaborazione tra i vari gruppi criminali anche in seno alle società oggetto di sequestro preventivo, al CONSORZIO SOCIALE SICILIANO, alla società SER.GE. Servizi Generali s.r.l. ed alla COOPERATIVA SOCIALE ANGEL, tutte riconducibili ad Angelo Pernicone ed al figlio Giuseppe, risultati stabilmente collegati alla consorteria di Santa Lucia sopra Contesse i quali si sarebbero prestati ad assumere esponenti dei diversi gruppi criminali al fine di garantire loro, tra l’altro, benefici di tipo detentivo.

 

LEGAMI TRA APPARATI POLITICI E BOSS MAFIOSI – Uno dei passaggi fondamentali delle odierne indagini, infine, è rappresentata dal presunto accertamento di uno stretto legame tra taluni apparati politici della città e le descritte consorterie mafiose. In effetti, sarebbe stata accertata l’esistenza di una vera e propria associazione per delinquere finalizzata al voto di scambio, operante nell’arco temporale in cui si sono svolte a Messina le consultazioni elettorali regionali, politiche e comunali che vanno dall’ottobre 2012 al giugno 2013.

Le indagini hanno evidenziato l’esistenza di un’organizzazione che avrebbe raccolto un cospicuo numero di voti, avvalendosi di un gruppo di persone gravitanti negli ambienti della criminalità organizzata, composto da Angelo Pernicone, Giuseppe Giuseppe, Baldassare Giunti e Adelfio Perticari i quali, al fine di ricevere in cambio del loro sostegno benefici personali o riferibili ad imprese e persone loro ascrivibili o riconducibili (denaro, derrate alimentari, disbrigo di pratiche amministrative, promesse di posti di lavoro, appalti), avrebbero agito in sinergia di intenti tra loro, organizzati in un’attività propagandistica elettorale.

 

 

 

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