Arrestato il responsabile del terribile incendio che distrusse le colline dell’Annunziata

All’alba di oggi, i Carabinieri del Comando di Provinciale di Messina hanno arrestato il 70enne incensurato L.C., ritenuto l’autore dell’incendio che lo scorso anno ha distrutto più di 500 ettari di vegetazione a Mssina. L’uomo dovrà rispondere dei reati di incendio boschivo doloso aggravato e disastro ambientale aggravato. Il vasto rogoavvenne nella zona compresa  tra i torrenti S. Michele ed Annunziata. Il forte vento e le alte temperature consentirono la rapidissima propagazione delle fiamme, si era esteso a dismisura fino a raggiungere le zone di Portella Castanea, Monte Ciccia ed a lambire le abitazioni sul versante dell’Annunziata ed il plesso universitario Papardo. Le operazioni di spegnimento, durarono quasi due giorni. La superficie di terreno bruciata fu 550 Ettari e tutto il demanio dell’Annunziata era stato distrutto. Insomma un vero disastro ambientale che provocò già dopo pochi mesi dall’incendio, un cambiamento nella successione, nella struttura e nella composizione della nuova vegetazione, oltre che un’alterazione della struttura della superficie del terreno dalla quale è scaturita una diminuzione della capacità di trattenimento dell’acqua piovana con i rischi facilmente immaginabili per la popolazione.

Le indagini dei Carabinieri accertarono immediatamente la natura dolosa dell’incendio. Fu individuato il punto di innesco nella zona a monte del torrente San Michele, in località Pisciotto, su un cespuglio di rovi accanto alle pompe di sollevamento dell’acqua del Comune di Messina. Gli investigatori compresero, anche dalla visione delle immagini satellitari, che l’incendio ebbe origine all’interno di una proprietà privata ben individuata, e le indagini si restrinsero fino ad arrivare all’odierno arrestato. L’attività di insagine consentì di accertare che L.C., il giorno precedente l’incendio, aveva effettuato dei lavori di scerbatura su dei roveti che infestavano i confini di un fondo di sua proprietà e che intorno alle 9.30 del 09 luglio 2017, aveva deciso di disfarsi del prodotto di risulta di tale operazione appiccando il fuoco. A causa delle condizioni meteorologiche, il fuoco sfuggì al suo controllo tanto che l’uomo, spaventato, si allontanò dal terreno senza richiedere l’intervento dei soccorsi. Le indagini sono state accolte dal Gip del Tribunale di Messina che ha ritenuto l’uomo responsabile dei reati di incendio boschivo aggravato, in quanto il fuoco era suscettibile all’espansione su un’area boscosa, cespugliosa e arborata, oltre che su terreni coltivati e pascoli limitrofi a dette aree. Il comportamento risulta, altresì, aggravato dal fatto che l’incendio era suscettibile di espandersi in aree abitate ovvero protette e perché ha provocato un danno grave ed esteso.

Il notevole dispendio di uomini e mezzi impiegati per le operazioni di spegnimento ed i delicati interventi di soccorso ad alcuni residenti intrappolati nelle abitazioni  raggiunte dalle fiamme, dimostrano incontrovertibilmente le dimensioni dell’evento e i danni provocati. Inoltre l’incendio ha provocato danni diretti ed indiretti alla vegetazione, alcuni dei quali irreversibili ed altri che richiedono, comunque, un intervento particolarmente oneroso per il ripristino dell’ambiente, tanto che il costo dell’eliminazione delle alterazioni è stato stimato dai consulenti tecnici nominati dalla Procura in più di 3 milioni di euro, il che ha permesso di contestare all’indagato, per la prima volta in Sicilia, anche il reato di disastro ambientale pluriaggravato, reato per il quale è prevista una pena detentiva che va dai 5 ai 15 anni.

E’ stato possibile accertare, quindi, che l’indagato ha appiccato il fuoco alle sterpaglie del proprio fondo in circostanze di tempo, di luogo e di territorio tali da consentire agevolmente una previsione sulle conseguenze nefaste che sarebbero derivate, il che qualifica l’elemento psicologico sotto il profilo del dolo eventuale essendo pienamente consapevole del rischio, accettandone la conseguenza che dalla sua azione sarebbe derivata ovvero l’elevatissimo rischio di diffusione delle fiamme. L’avere, peraltro, ritardato la richiesta dei soccorsi, rientrando a casa senza richiederne l’intervento, ha poi consentito l’aggravarsi delle conseguenze dell’azione.

 

 

 

 

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