Per la FAO Il fico d’india è la risorsa del futuro

L’origine del fico d’India si perde nella notte dei tempi. Proveniente dal Messico ed importata in Europa da Cristoforo Colombo, questa pianta caratteristica del paesaggio mediterraneo si eleva ora agli onori della cronaca per la sua importanza nutritiva nelle zone aride. A definirla «una risorsa preziosa per l’alimentazione umana e per il bestiame» è la FAO (organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), che si è interessata al fico d’India dopo la recente e prolungata siccità che ha colpito il Madagascar. In tale difficile circostanza il fico d’India si è rivelato una fonte cruciale di cibo, foraggio e acqua per la popolazione locale e il bestiame.

Un’altra grave carestia, precedente quella oggetto dello studio della FAO, si era manifestata nella stessa area del sud del Madagascar. A causarla era stato proprio lo sradicamento del fico d’India, che gli abitanti della zona avevano ritenuto una pianta inutile. Fortunatamente, trattandosi di una specie invasiva, la pianta è stata reintrodotta molto rapidamente, e il suo uso ha consentito alla popolazione di non morire di fame durante l’ultima carestia.

Alla luce di questa duplice esperienza, quindi, la FAO insiste oggi per rendere consapevoli dell’importanza dell’Opuntia ficus-indica (questo il suo nome scientifico) tanto i politici quanto gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo con problemi di approvvigionamento idrico. Per fare in modo che tale risorsa strategica venga sfruttata nel modo migliore, la FAO e l’Icarda hanno pubblicato in un libro la sintesi di uno studio che ha visto confrontarsi sul tema esperti di tutto il mondo. Il volume, intitolato Crop Ecology, cultivation and uses of cactus pear (“Ecologia del raccolto, coltivazione ed usi del fico d’India) descrive le caratteristiche della pianta, dal suolo preferito ai parassiti che la possono attaccare, e il suo valore in ambito gastronomico.

Da tempo immemorabile il fico d’India fa parte della tradizione culinaria di alcune aree dell’Italia e del Mediterraneo, tra cui la Sicilia e la Sardegna, arricchendo la variegata produzione della cucina italiana. Ricco di minerali (tra cui calcio e fosforo) e vitamina C, richiede poca acqua per poter crescere, e resiste alle condizioni meteorologiche più estreme. 

I frutti si consumano freschi, ma si usano anche per produrre liquori, succhi, gelatine come la mostarda e marmellate. Le pale si mangiano nello stesso modo, ma anche sottaceto, candite, in salamoia e, in Messico, scottate e condite.  Il valore del fico d’India non si limita al cibo per gli esseri umani: lo si utilizza infatti anche come foraggio per il bestiame. Altrettanto importante è la sua capacità di trattenere l’acqua nelle pale: la FAO parla di 180 tonnellate di acqua per ettaro, il che equivale ad abbeverare cinque mucche adulte

In un periodo di grandi cambiamenti climatici e di progressiva desertificazione in cui anche l’Italia è coinvolta, l’Opuntia ficus-indica si rivela un grande alleato per combattere la siccità e le carestie tanto nei paesi poveri quanto in quelli ricchi. Uno dei cibi del futuro, semplice da coltivare e ottimo per il sostentamento umano, si trova sulla nostra isola.

 

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