I carabinieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 14 persone accusate di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di valori. Per tre indagati è stato disposto il carcere; per 11 l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Sotto inchiesta anche un consigliere comunale di Mistretta tuttora in carica. L’inchiesta è stata coordinata dalla Dda messinese guidata dal procuratore Maurizio de Lucia. L’indagine, iniziata nel 2015 dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Messina, riguarda la famiglia mafiosa di Mistretta che opera nella parte più occidentale della provincia peloritana e ha portato alla luce un tentativo di estorsione che, secondo le indagini, sarebbe stato posto in essere dal consigliere comunale in concorso con altre due persone. Nei confronti di uno dei due presunti complici, ritenuto appartenente alla cosca palermitana di San Mauro Castelverde, è stato emesso un provvedimento di sequestro dei beni. Vittime dell’estorsione due imprenditori edili, aggiudicatari dell’appalto, di un milione di euro, indetto dal Comune di Mistretta e finanziato dall’Unione Europea per la riqualificazione dei 12 siti in cui sono installate le opere d’arte contemporanea che costituiscono il percorso culturale “del museo all’aperto Fiumara d’Arte”. Le investigazioni, che avevano già consentito di trarre in arresto, il 6 ottobre 2017, una coppia di imprenditori edili per trasferimento fraudolento di valori, avrebbero permesso di documentare l’intestazione fittizia, in favore di ben 11 complici – anch’essi destinatari della misura in esecuzione – di 2 locali notturni e 1 stabilimento balneare ed un’attività di compravendita di auto usate, ubicati sulla fascia tirrenica della provincia di Messina. Contestualmente, è stata data anche esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo disposto nei confronti delle medesime attività commerciali, del loro compendio aziendale, dei conti correnti e depositi bancari, nonché di 5 autovetture nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di oltre 2 mln. di euro.
LA DENUNCIA DI DUE IMPRENDITORI NEI CONFRONTI DI UN CONSIGLIERE COMUNALE– L’inchiesta è stata avviata nel settembre 2015, quando un coppia di coniugi imprenditori edili si rivolse ai Carabinieri del Comando Provinciale di Messina raccontando di essere vittima di un tentativo di estorsione. Gli imprenditori si erano aggiudicati, a seguito di una pronuncia giurisdizionale del TAR di Catania conseguente ad un suo ricorso, l’appalto indetto dal Comune di Mistretta per i lavori di valorizzazione e fruizione del patrimonio artistico contemporaneo nebroideo denominato “Fiumara d’Arte” – opere finanziate dalla Comunità Europea, con un importo a base d’asta pari ad 1 milione di euro ed aggiudicati alla sua A.T.I. con un’offerta pari ad 802.000 euro e spiegava che era stata avvicinato dal consigliere comunale di Mistretta Vincenzo Tamburello, il quale gli aveva rappresentato che la ditta che aveva ottenuto l’appalto prima del suo ricorso e aveva già versato la somma di 50.000 euro ad alcune persone del luogo, le quali li avevano successivamente restituiti dal momento che quella ditta era stata poi estromessa dai lavori. Tamburello gli avrebbe richiesto di corrispondere la somma di 35.000 euro – da devolvere ad una donna che veniva indicata come la “signorina” la quale aveva un fratello detenuto ( per le cui spese legali sarebbero stati destinati i soldi versati alla donna) e, inoltre, lo avrebbe invitato ad assumere nei propri cantieri tre operai, dei quali gli avrebbe successivamente indicato i nomi. Infine lo avrebbe esortato a rifornirsi del conglomerato cementizio presso l’impianto dei fratelli Lamonica e assicurandogli che assolvendo a questi obblighi, non ci sarebbe stata alcuna richiesta estorsiva né danneggiamenti di sorta aggiungendo che, per il resto delle ulteriori forniture, avrebbe potuto rivolgersi al libero mercato.
TANGENTI IN FAVORE DELLA “SIGNORINA”-. Le investigazioni immediatamente avviate attraverso servizi di osservazione, intercettazioni telefoniche e acquisizioni documentali, avrebbero permesso di riscontrare le prime dichiarazioni rese informalmente dall’imprenditore, ampliandole, identificando i complici di Tamburello e ricostruendo i rapporti tra loro. La donna citata come la “signorina” è stata identificata in Maria Rampulla, deceduta nel maggio del 2016, sorella di Pietro (condannato per essere l’artificiere della strage di Capaci ed all’epoca dei fatti detenuto) e di Sebastiano, storico capo della “famiglia di Mistretta” deceduto nel 2010.
L’INTERVENTO ANCHE DI UNA CARTOMANTE– Gli ulteriori due complici sono stati identificati in Giuseppe detto Pino Lo Re, personaggio ritenuto intraneo all’associazione mafiosa e colpito da una misura di prevenzione personale e patrimoniale nel 2015 e dalla zia, Isabella Di Bella, una cartomante di Acquedolci, alla quale, durante le vicissitudini che avevano preceduto l’aggiudicazione dell’appalto, l’imprenditrice si era rivolta per domandare quale sarebbe stata la sorte della controversia sull’appalto. La Di Bella, avendo appreso di questa situazione, avrebbe fattto apparire necessario ai coniugi, l’intervento del nipote presentato come persona di rispetto ed in grado di intervenire in loro favore in relazione all’aggiudicazione dell’appalto ed al contenzioso aperto di fronte al TAR. I due imprenditori accettarono l’aiuto ed incontravano Lo Re in uno dei sui Night Club. Lo Re, in questo primo incontro, avrebbe riferito ai coniugi che la ditta che precedentemente era stata aggiudicataria aveva comprato l’appalto versando 50.000 euro e che egli avrebbe attivato un amico per intervenire in loro favore nella gara. I due sarebbero stati successivamente contattati da Vincenzo Tamburello con il quale si sarebbero incontrati all’interno del Comune di Mistretta. Questi avrebbe confermava la versione fornita da Lo Re.
DOPO LA RICHIESTA DEL PIZZO LA DENUNCIA– Quando nel settembre 2015 il TAR di Catania ha dato ragione ai due imprenditori, Lo Re prima attraverso la Di Bella e, successivamente di persona, avrebbe avanzato ai coniugi la richiesta di denaro e le altre richieste specificando che erano state concordate con la “signorina”. I due imprenditori, attraverso ricerche su internet acquisivano notizie sulla caratura criminale degli interlocutori, si preoccuparono e rappresentarono a Tamburello la richiesta ricevuta da Lo Re il quale, per nulla sorpreso, avrebbe riferito loro di aspettare spiegando che sarebbe stato lui a dare loro le indicazioni in merito al pagamento, dimostrando quasi una sovraordinazione rispetto a Lo Re. Solo successivamente, molti mesi dopo, quando ormai le indagini avevano in gran parte dipanato la vicenda, gli imprenditori, superati i timori che gli avevano inculcato le persone coinvolte nell’estorsione, integrarono le prime sommarie indicazioni fornite ai Carabinieri con ulteriori dettagli che hanno permesso di ricostruire completamente la vicenda.
SEQUESTRO DI NIGHT CLUB E LIDI- Inoltre le indagini avviate, avrebbero permesso di accertare come Giuseppe Lo Re, in ragione della sottoposizione ad una misura di Prevenzione personale e patrimoniale, al fine di sottrarsi ad eventuali ulteriori provvedimenti ablativi, attraverso ben 11 complici ( di cui cinque di cinque stranieri) che nel tempo si sono prestati a fare da teste di legno alle sue attività economiche – tutti colpiti dalla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla P.G. – , gestisse di fatto due night Club, uno a Torrenova (ME) ed uno a Nicosia (EN), un lido balneare nel Comune di Santo Stefano di Camastra ed un’attività di compravendita di auto usate esercitata principalmente attraverso la vendita on line. L’attività investigativa avrebbe consentito altresì di accertare che Lo Re, avrebbe disposto dei conti correnti bancari delle società, formalmente intestati ai fittizi titolari e gestisse quotidianamente i suoi night club occupandosi personalmente del reclutamento e del pagamento delle ragazze impiegate. Sui tali beni è intervenuto il provvedimento di sequestro preventivo che ha colpito tutti i compendi aziendali, i conti correnti personali dei prestanome e delle ditte oltre a numerosi veicoli e locali acquisiti con i proventi degli illeciti guadagni in virtù dell’evidente sproporzione con i redditi dichiarati.