Si tratta della massima punizione prevista per un togato, con effetto immediato
Un provvedimento duro e senza precedenti ha colpito un magistrato in servizio a Messina, protagonista di una lunga e dolorosa vicenda giudiziaria privata che ha avuto ripercussioni anche nella sua carriera pubblica. L’uomo è stato destituito dal Consiglio Superiore della Magistratura, la massima sanzione prevista per un togato, con effetto immediato.
Secondo quanto emerso nel processo di primo grado a Catanzaro, il magistrato avrebbe sottoposto la moglie — anch’essa appartenente alla magistratura — ad anni di maltrattamenti psicologici e vessazioni. La donna, rompendo il silenzio, ha denunciato l’inferno vissuto tra le mura domestiche, fatto di insulti, minacce e umiliazioni continue. Una testimonianza che ha trovato conferma in sede penale: l’uomo fu condannato a un anno, fruendo di uno sconto di pena per avere scelto il rito abbreviato.
La vicenda è stata, quindi, trattata dalla sezione disciplinare del Csm per la decisione del caso. A sorprendere è stata la fermezza del Csm, che ha rifiutato ogni attenuante: nessun semplice richiamo, né retrocessioni d’anzianità, ma la misura più drastica possibile — l’espulsione dalla magistratura. Questo nonostante la Procura generale della Cassazione avesse proposto una sanzione più leggera, segno di una presa di posizione netta e inequivocabile.
Il caso, che ha avuto ampia eco tra i corridoi del palazzo di giustizia e non solo, rappresenta un precedente importante. Non solo perché coinvolge un rappresentante della magistratura, ma perché lancia un messaggio chiaro: chi esercita il potere giudiziario non può permettersi di infrangere i principi fondamentali della convivenza civile, né dentro né fuori il tribunale.
Il magistrato potrà ora presentare ricorso alle Sezioni Unite civili della Cassazione, ma la linea ormai sembra essere tracciata: l’istituzione ha scelto di non voltarsi dall’altra parte. Anche quando a sbagliare è uno dei suoi.
