Libero il boss Giovanni Brusca: azionò il telecomando della strage di Capaci

Continuerà a vivere lontano dalla Sicilia sotto falsa identità e resterà sottoposto al programma di protezione

Giovanni Brusca, il boia di Capaci, il capomafia che azionò il telecomando che innescò l’esplosione il 23 maggio del 1992 in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, è libero.

Nelle mani di Brusca c’è il sangue dell’undicenne Giuseppe Di Matteo, sequestrato il 23 novembre 1993, incarcerato per oltre due anni e poi disciolto nell’acido l’11 gennaio 1996, solo perché figlio dell’uomo d’onore Santino Di Matteo, che aveva iniziato a collaborare con la giustizia.

A fine maggio sono trascorsi i 4 anni di libertà vigilata impostigli dalla magistratura di sorveglianza, ultimo debito con la giustizia del boss di San Giuseppe Jato che si è macchiato di decine di omicidi e che, dopo l’arresto e dopo un primo falso pentimento, decise di collaborare con la giustizia.

In tutto ha scontato 25 anni di carcere: roventi polemiche seguirono la sua scarcerazione e la decisione di sottoporlo alla libertà vigilata. Brusca continuerà a vivere lontano dalla Sicilia sotto falsa identità e resterà sottoposto al programma di protezione.

Sulla vicenda è intervenuta Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato: “Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre.

Ma come donna delle Istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall’interno”.

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