L’irriverente, cortese allegro e malinconico Norberto Presta continua a pungolare le coscienze

Il clima di collaborazione tra le associazioni teatrali messinesi ha dato negli anni i suoi frutti. Non è pertanto un caso che oggi a Messina il teatro vanti molteplici spazi entro cui accogliere un numero sempre crescente di spettatori. L’offerta è diversificata, gli spettacoli in molti casi qualitativamente pregevoli, la professionalità e la passione di chi gestisce i teatri sempre ammirevoli. Una specie di miracolo che si compie quando si è distanti anni luce dalle logiche puramente finanziarie e, a piccoli passi, ci si fa strada in quel meraviglioso mondo dell’arte tout court.
Così quella mini tournée dell’attore, regista e drammaturgo Norberto Presta che lo scorso anno era stata sostenuta dai Magazzini del sale e dal Clan Off si ripete grazie alla collaborazione, questa volta, tra il teatro Dei 3 Mestieri e, di nuovo, l’associazione di via Del Santo.
Due spettacoli e, a seguire, il seminario di Presta “La voce che danza”, rivolto agli attori  e ai ballerini che desiderano approfondire l’uso della voce come parte imprescindibile dell’azione teatrale.
Al primo appuntamento, “Frammenti di vite condivise”, Norberto Presta si è presentato  in pigiama e vestaglia. Gli spettatori, nello spazio di via Roccamotore, erano eccezionalmente disposti a cerchio. Un ingresso, quello di Presta, in punta di piedi. Salvo poi, gradatamente, dominare la scena e rinviando tutte le volte di un po’ il congedo. Prima era un cognac, poi una bottiglia intera di spumante. Fatto sta che l’intruso, sul quale convergevano tutti gli sguardi, acquisiva via via quella familiarità che si abbarbica sull’empatia, sulla condivisione. Una volta sfatato il concetto di difformità e rotti gli indugi, quell’uomo in pigiama e vestaglia non era poi così diverso da ciascuno di noi. Intento com’era a giocare la sua partita con la vita, tra passato e presente, e con un sé di cui non sapeva più tracciarne i contorni.
Capita infatti che una mattina ci si svegli, ci si guardi allo specchio e non ci si riconosca. “Fuori dallo specchio si può solo precipitare”. Quella è del resto la versione rovesciata di noi stessi, la più sbrigativa parvenza di un soggetto che si è perso, che non si è più ascoltato, che non ha più reputato necessario esser paziente. Per recuperare quel po’ di sé smarrito per strada. E la strada era dapprima il mare su cui galleggiava a stento un orrendo gommone, poi ancora il mare che per 250.000 lire aveva portato appena dietro l’angolo. La strada, infine, era l’attesa. Era la pazienza di ascoltarsi per la prima volta. Era l’audacia di inventarsi una faccia nuova. Di cucirsi addosso un personaggio, da mestierante e impostore.
Tutto accadeva lì, in quel cerchio di umanità  entro cui ci si sente meno perdenti. Nella più inattesa e tuttavia plausibile condivisione di vite che, frammento dopo frammento, si perdono nel guazzabuglio di episodi scollegati e senza senso, in una parola nel “caos”. Va a Norberto Presta, irriverente e cortese, allegro e malinconico, provocatorio se vogliamo, il merito di aver pungolato le nostre imborghesite coscienze e di averci sbattuto in faccia miserie di tutto il genere umano, cui solo uguaglianza, solidarietà e giustizia possono restituire l’identità perduta.

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