Il comandante Santi Scarcella ha condotto il pubblico messinese “Da Manhattan a Cefalù”

Un inconsueto sabato sera nell’ambito della stagione concertistica organizzata dall’Accademia Filarmonica e dall’Associazione Bellini. Gremito di gente, il Palacultura di Messina ha puntato a ragione sul talento di Santi Scarcella, pianista e compositore peloritano, istrione sul palco, grande e versatile artista nonostante la performance canora di ieri abbia risentito di una condizione fisica non proprio ottimale.
“Da Manhattan a Cefalù” è un progetto dedicato a Nick La Rocca in occasione della ricorrenza dei cento anni dall’incisione del primo single jazz. Ed è un viaggio inteso come emigrazione, come scoperta di mondo nuovi, come percorso di crescita. Nick La Rocca incarna del resto la figura dell’emigrato che porta con sé le proprie radici, la propria cultura, quel sentire musicale che risulta elemento fondante della nascita del jazz.
Lo spettacolo ha puntato a ragione sulla fusione di brani in siciliano e italiano, generando un registro comunicativo d’impatto, mentre ricalcava la commistione tra generi diversi: dalla Samba al Mambo, passando per il Ragtime, lo Ska e la musica d’autore.
E tra le note metafore di vita che dall’isola si estendono a tutto lo stivale e poi valicano le alpi, attraversano oceani, si sparpagliano in ogni dove. Insieme a Santi Scarcella, sul palco, un gran numero di artisti. Cristiano Micalizzi alla batteria, Francesco Luzzio al basso, Gian Piero Lo Piccolo al sax.
Partecipazione straordinaria di Giovanni Baglioni, uno dei nome più interessanti nel panorama della chitarra acustica solista internazionale; della messinese Emy Spadaro, che in ambito operistico ha interpretato i più importanti ruoli per mezzosoprano; del giovane pianista e compositore Gian Marco Pia, cui è da ascrivere uno dei momenti più toccanti dello spettacolo; del coro a cappella “I Mirabili”, diretto da Sonia e Viviana Mangraviti, nato nel 2007 dall’intenzione di un gruppo di ragazzi di proseguire l’esperienza corale vissuta negli anni della scuola superiore, tra le fila del coro  “Maurolico – Seguenza”.
Due ore di musica e di Sicilia, rivisitando e rinnovando quella tradizione che è linfa vitale per chi un giorno è salito su un bastimento e lì ha mangiato, suonato, cantato, ballato per giorni, fino a toccare terra, fino a trovare fortuna. Per chi, da quei mondi lontanissimi, non ha mai smesso di pensare alla Sicilia.

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