Al Vittorio Emanuele uno spettacolo per rendere omaggio al poeta siciliano Antonio Caldarella

Quando il teatro racconta la realtà fioccano sempre spunti di riflessione. A fare la differenza, però, è tutte le volte lo stile che si adopera nel dipingere un’esistenza senza mai banalizzarla, senza spogliarla di quel drappo onirico che l’ammanta di fascino, senza preservarla dal cinismo grazie al quale può l’uomo astutamente digerirla.
“I siciliani di Antonio Caldarella”, in scena al Vittorio Emanuele, hanno di fatto beneficiato dell’eleganza con cui Ninni Bruschetta ha inteso rendere omaggio all’artista siracusano. E poco conta che abbiano calcato la scena avvolti nelle proprie disarmonie, nelle finte pose di teatranti del quotidiano, nelle omologazioni a uso e consumo della sopravvivenza, nelle facce da costruire all’occorrenza. I siciliani, effigie di un’umanità intera, sono del resto il mondo che si svela, filtrato dallo sguardo di un uomo, Antonio Caldarella, cui il dolore ha imposto disincanto e ironia.
Poesie e testi narrativi dell’artista scomparso nel 2009, a soli cinquant’anni, costituiscono pertanto l’ossatura dello spettacolo di Ninni Bruschetta con Annibale Pavone, Margherita Smedile e Maurizio Puglisi. Ad accompagnare le parole, le musiche originali di Giovanni Renzo eseguite dall’orchestra del teatro Vittorio Emanuele diretta da Cettina Donato. Una poderosa macchina narrativa che si serve d’ogni mezzo per svelare la complessità dei siciliani in primis e dell’uomo d’ogni dove poi.
C’è chi non ha ben chiaro il senso della vita e rincorre sogni impossibili, chi si rabbuia nell’oscurità dei propri infingimenti, chi si dimena tra la malattia e la guarigione, raccontando il male al mare e insanamente cercando il bene nella policromia delle opere d’arte, chi si rannicchia nel dolore che genera solo l’amore.  Certo è che tutti, pirandellianamente, provano a spogliarsi degli abiti confezionati e a calcare, nudi e crudi, una scena che è meno posticcia della vita.
Così ha messo nero su bianco Caldarella, in maniera talora provocatoria. Sempre attribuendo il giusto nome alle cose, mai rinunciando al biasimo, mai trascurando le sfumature. E così ha trasferito sulla scena Ninni Bruschetta, cui va il duplice merito di aver ridato voce alla poesia di Caldarella e di averlo fatto concertando linguaggi differenti, tutti indissolubilmente legati dal filo rosso dell’anima.

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