Omicidi della famiglia barcellonese, i nomi degli arrestati e i particolari delle indagini

In manette quattro esponenti della famiglia di Barcellona P.G., ritenuti reponsabili di altrettanti omicidi tra Milazzo e la città del Longano avvenuto tra il 1997 e il 2001. Due omicidi erano già noti agli inquirenti e l’approfondimento delle investigazioni hanno coinvolto altri personaggi. Altri due omicidi, invece, fino ad oggi erano rimasti senza un colpevole.

I quattro arrestati sono: Salvatore Micale, Giovanni Rao, Antonino Calderone e Sebastiano Puliafito. Le indagini si sono giovate del contributo di diversi collaboratori di giustizia e, attraverso mirate attività di riscontro condotte dai militari del R.O.S.

Due di questi omicidi, dicevamo, erano già stati trattati in precedenti procedimenti, ma le odierne investigazioni hanno permesso di contestarli ad ulteriori indiziati. In particolare:

  • l’omicidio di Giovanni Catalfamo, commesso a Barcellona Pozzo di Gotto (ME) il 29 settembre 1998, che viene contestato a Salvatore Micale, in concorso con altri soggetti già giudicati per lo stesso fatto. Catalfamo venne ucciso a colpi d’arma da fuoco da killer, giunti a bordo di una moto rubata, mentre tentava di sottrarsi all’azione di fuoco rifugiandosi all’interno del complesso residenziale in cui abitava. Il movente dell’omicidio sarebbe da ricercarsi nell’intenzione da parte dell’organizzazione mafiosa di inviare un avvertimento inequivocabile a chi esercitava l’attività di usura, cosa di cui sarebbe stato sospettato Catalfamo. Micale avrebbe avuto il compito di segnalare agli esecutori materiali il passaggio della vittima per dare il via all’azione delittuosa.
  • l’omicidio di Domenico Tramontana, commesso il 4 giugno 2001 a Barcellona Pozzo di Gotto. Il delitto è già stato oggetto del procedimento “Gotha 6”, ma in quella sede il Giudice aveva rigettato la richiesta di misura cautelare nei confronti di Giovanni Rao, esponente di vertice del sodalizio mafioso barcellonese, al quale l’omicidio viene adesso contestato, in qualità di mandante, alla luce delle dichiarazioni dei nuovi collaboratori e delle indagini condotte dal R.O.S. dei Carabinieri. Tale omicidio assunse una particolare valenza negli assetti della mafia barcellonese di quel periodo, poiché Tramontana, come riportato anche nell’ordinanza di custodia cautelare dell’operaizone “Gotha 6”, faceva parte del direttivo dell’organizzazione mafiosa barcellonese, talché la sua soppressione non poteva che essere decretata dai vertici del sodalizio. Alla base di tale decisione, l’asserita, eccessiva intraprendenza di Tramontana, che pretendeva di espandere eccessivamente i propri profitti.

Gli altri due gravi fatti di sangue oggetto dell’ordinanza erano rimasti, invece – fino ad oggi – senza colpevoli e nello specifico:

  • l’omicidio di Santino Bonomo, scomparso da Barcellona Pozzo di Gotto (ME) il 12 dicembre 1997 con il metodo della “lupara bianca”, contestato ad Antonino Calderone, in concorso con altri. Bonomo sarebbe stato ucciso, per decisione dell’allora vertice della famiglia barcellonese, poiché commetteva furti senza la preventiva autorizzazione del clan, mettendo in crisi il tradizionale controllo del territorio da parte dell’organizzazione mafiosa. La vittima sarebbe stata attirata in un’area isolata alla periferia di Barcellona Pozzo di Gotto con il pretesto di compiere alcuni furti, e qui soppressa a colpi d’arma da fuoco. Gli autori avrebbero, poi, occultato il cadavere, che non è stato mai ritrovato.
  • l’omicidio di Stefano Oteri, ucciso a colpi d’arma da fuoco la sera del 27 giugno 1998, davanti all’abitazione della sorella, a Milazzo, da killer giunti a bordo di una moto. Il delitto viene contestato a Sebastiano Puliafito, ex agente della Polizia Penitenziaria, e, secondo la ricostruzione dei collaboratori, il movente sarebbe da attribuire al comportamento di Oteri che si sarebbe “atteggiato a boss” nella zona di Milazzo, entrando in contrasto con Puliafito, che avrebbe rappresentato, in quella zona, il gruppo criminale barcellonese.

L’operazione rappresenta l’ulteriore progressione della manovra di contrasto che ormai da un decennio la Procura peloritana e l’Arma dei Carabinieri stanno conducendo contro l’articolazione barcellonese, sicuramente l’espressione più rappresentativa e militarmente organizzata della mafia in provincia di Messina, tanto da vantare rapporti privilegiati con cosa nostra palermitana e catanese.

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